Inutile nascondersi dietro un dito, sono giorni difficili quelli che sta attraversando il gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle in Sicilia.
Giorni difficili che hanno portato i nodi al pettine di un gruppo che non è più tale.
Quando vengono meno i principi del dialogo, della solidarietà tra colleghi e del rispetto, valori che ci hanno guidato nel corso di otto lunghi anni, viene meno non solo lo spirito di un gruppo, ma anche il desiderio di farne parte, la voglia e i progetti per i quali si sta insieme.
E non ci riferiamo semplicemente ad una palese diversità di intenti tra quelli del “No” e quelli delle “idee buone” che non sono né di destra né di sinistra.
La prova di tutto questo, oltre alle illazioni e alle provocazioni lanciate dalle pagine dei giornali già dalla fine dell’anno scorso, è la vicenda che riguarda Sergio Tancredi.
Il trattamento riservato al collega, prima ancora che all’amico, Sergio, a cui esprimiamo la nostra solidarietà, ci spinge ad ulteriori riflessioni di cui vogliamo rendervi partecipi.
Abbiamo preso i nostri principi e li abbiamo distorti, stravolti e interpretati a piacimento.
Quel “nessuno deve rimanere indietro”, portato avanti come vessillo dall’intero gruppo, che doveva significare tendere la mano a chi era in difficoltà, anche tra noi, è svanito nel nulla quando Sergio è stato fatto accompagnare alla porta.
Abbiamo preso un compagno di squadra e lo abbiamo pugnalato colpendolo proprio nel suo punto debole. Sapendo delle sue difficoltà gli è stato ripetuto come un mantra – con un cinismo che non dovrebbe appartenere ad un Movimento che si reputa comunità – “o restituisci o ti buttiamo fuori”; solo i più ingenui non hanno capito che era un modo per non confrontarsi e avviare il dibattito su quella linea politica che il gruppo regionale (prima forza politica della regione nel 2017) non è stato in grado di affrontare.
Così, per chiudere le bocche a quel desiderio di costruire e onorare il mandato è bastato colpire i punti deboli, dapprima con Sergio, poi, uno per uno, come obiettivi già mirati, verso chi, quei malesseri voleva affrontarli.
Non c’è mai stato ascolto, né la reale volontà di trovare una sintesi, il dibattito è sempre stato derubricato a frasi del tipo “o così o ve ne andate”, celandosi dietro le “scelte della maggioranza numerica”, come se la democrazia, anche interna ad un gruppo, non debba racchiudere anche la rappresentatività delle “minoranze”.
Abbiamo saputo dell’espulsione di Sergio solo dopo la richiesta, presa in autonomia dal capogruppo, di sostituire con effetto immediato Sergio dalla commissione, a sua insaputa. Le motivazioni le abbiamo scoperte solo dall’ennesima intervista.
Sempre tra le righe di quell’intervista abbiamo scoperto che era in atto “un confronto”, non sappiamo con chi, “interrotto dal coronavirus” e che si rendeva necessario un “chiarimento”.
Purtroppo il confronto, nell’astrazione semplice del termine e nell’accezione politica oltre che interpersonale, non c’è mai stato e il cosiddetto “chiarimento” non è mai avvenuto. Come non é mai stata presa in considerazione la nostra proposta di sostenere formalmente e sostanzialmente il collega Tancredi, sia davanti ai probiviri, chiedendo del tempo per mettersi in regola e garantendo economicamente per lui, sia, come avvenuto in passato con altre vicende giudiziarie, contribuendo alle sue spese legali. Mentre l’amico Sergio veniva sbattuto fuori, siamo stati ignorati.
A nessuno dovrebbe essere chiesto di derogare alla propria credibilità, conquistata con sacrificio sul campo della politica e della vita in nome di un posto al sole e della inclusione in un sogno divenuto contenitore vilipeso da goffi tentativi di imitazione dei partiti che prima ci proponevamo di smantellare. Nessuno di noi può accettare una cosa del genere.
I principi del Movimento 5 Stelle che con orgoglio abbiamo costruito, portato avanti e difeso sono passati in secondo piano cedendo il passo sotto i colpi di logiche in cui, per fortuna, non ci riconosciamo.
Matteo Mangiacavallo, Angela Foti, Valentina Palmeri, Elena Pagana