È un bene che il Consiglio dei ministri abbia impugnato l’art. 33 della Legge di stabilità regionale (la n. 1/2019) che prevedeva l’utilizzo dei cacciatori per prelevare e abbattere la fauna all’interno delle aree protette, allo scopo di ricomporre gli squilibri ecologici. Avevo già ritenuto la disposizione illegittima e presentato, infatti, un emendamento soppressivo.
I cacciatori non possono essere utilizzati nelle attività di controllo della fauna selvatica sull’intero territorio regionale e nelle aree precluse dalla normativa venatoria, oltre alle aree naturali protette. Negli ultimi anni il Governo ha impugnato disposizioni simili contenute in altre leggi regionali. La materia del controllo faunistico è stata disciplinata con la successiva legge n. 157/1992, che la giurisprudenza costituzionale qualifica come norma fondamentale di riforma economico-sociale. Questa legge, all’articolo 19, comma 2, elenca i soggetti deputati al controllo della fauna ed è definita dalla Corte costituzionale tassativa, oltre che vincolante per le Regioni in quanto espressione della competenza esclusiva dello Stato sulla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. Una integrazione da parte della legge regionale riduce il livello minimo e uniforme di tutela dell’ambiente. Da questo, e da altri motivi, emerge chiaramente come l’art. 33 della Legge di stabilità sia viziato di illegittimità.