La biodiversità è la coesistenza in uno stesso ecosistema di diverse specie animali e vegetali che creano un equilibrio grazie alle loro reciproche relazioni. Costituisce uno dei fattori cardine dello sviluppo sostenibile:
non solo per la sostenibilità ambientale, ma anche per quella sociale ed economica.
La perdita di biodiversità ha ripercussioni negative sui nostri approvvigionamenti alimentari, sulle opportunità di ricreazione e turismo, sulle fonti di legname, medicine ed energia. Inoltre interferisce con le funzioni ecologiche essenziali. Causa la produttività degli ecosistemi, intaccando di conseguenza il “paniere naturale” di beni e servizi, da cui attingiamo costantemente. La perdita della biodiversità destabilizza gli ecosistemi, indebolisce la loro capacità di far fronte ai disastri naturali quali inondazioni, siccità, uragani ed agli stati di stress provocati dall’uomo, come l’inquinamento ed i cambiamenti di clima.
Negli ultimi anni le risposte istituzionali hanno integrato i principi della conservazione con quelli dello sviluppo sociale ed economico negli strumenti messi in atto per la gestione e la salvaguardia della biodiversità. La conservazione della biodiversità, l’uso sostenibile delle sue componenti e la condivisione giusta ed equa dei benefici derivanti da tal uso, costituiscono obiettivi a cui tutti i soggetti istituzionali interessati all’agricoltura sono chiamati a rispondere.
Sia a livello europeo che a livello nazionale, è stato riconosciuto che un ruolo di primo piano per affrontare la sfida dell’arresto della biodiversità è nelle mani dell’agricoltura[1] per la sua consistente dotazione finanziaria e il tipo di meccanismi politici messi in atto. Basta pensare che l’agricoltura interessa quasi la metà del territorio europeo. Infatti, l’agricoltura è uno dei settori maggiormente coinvolti nel conseguimento dell’obiettivo di “Arrestare il declino della biodiversità” sancito nel Consiglio Europeo di Göteborg e ribadito come ambizioso obiettivo per il 2020 dal Consiglio dell’Unione Europea.
Nell’ambito della programmazione strategica nazionale l’accordo di partenariato Europeo per l’Innovazione “Produttività e sostenibilità in agricoltura” (Pei-Agri), che costituisce lo strumento di programmazione nazionale dei fondi strutturali e d’investimento europei, prevede tra le priorità dell’Obiettivo tematico 6 (Tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse) la “messa in atto di politiche per migliorare lo stato di conservazione di Rete Natura 2000 e favorire la tutela e la diffusione dei sistemi agricoli e forestali ad alto valore naturale, mantenendo o ripristinando la diversità del mosaico ambientale tipico del paesaggio rurale italiano e salvaguardando razze animali e vegetali in pericolo di estinzione”.
La diversità biologica di specie addomesticate, vegetali e animali, rappresenta un sottoinsieme della biodiversità e prende il nome di agro-biodiversità.
In altre parole per agro-biodiversità si intende l’insieme di tutte le componenti della diversità biologica rilevanti per l’agricoltura e l’agroecosistema, tra le quali le varietà delle specie vegetali coltivate, le razze delle specie animali di interesse zootecnico, le specie di insetti (per es., api, baco da seta) e microrganismi (per es., lieviti, batteri, micorrize) utili.
L’agro-biodiversità è il risultato del lavoro di addomesticazione, adattamento e conservazione che generazioni di agricoltori hanno realizzato fin dagli inizi dell’agricoltura, 12.000 anni fa, e presenta per questo caratteristiche diverse dalla biodiversità selvatica. La prima fondamentale caratteristica è che l’agro-biodiversità è una risorsa essenziale per soddisfare un bisogno primario della specie umana: l’alimentazione.
Nonostante la sua importanza vitale per la sopravvivenza umana, secondo la FAO, il tasso di biodiversità “domestica” continua a diminuire a livello mondiale per effetto della sostituzione delle razze autoctone con le razze cosiddette cosmopolite, decisamente più standardizzate ed adatte a favorire le elevate produzioni da destinare al commercio. Si tende così a trascurare quella diversità genetica locale che fornirebbe invece ad agricoltori e allevatori la “materia prima” fondamentale per il lungo processo di selezione di nuove colture e razze produttive, resistenti a determinati tipi di stress e adatte ai cambiamenti climatici ed ambientali in atto.
La diversità genetica è pertanto una vera e propria “assicurazione” contro i problemi futuri e le minacce come le carestie, la siccità e le epidemie: maggiore è la varietà di specie e migliore è la strategia per rispondere ai cambiamenti del clima e dell’ambiente, alle malattie ed all’evoluzione della domanda dei consumatori.
Oggi al contrario, la perdita di biodiversità, le monocolture e l’estinzione di specie stanno compromettendo i sistemi di produzione alimentare, incluse le conoscenze, le tipicità e le tradizioni tramandate dagli agricoltori da generazioni. Tutto ciò sarà causa della difficoltà di far fronte alla crescente domanda di cibo prevista per i prossimi 40 anni e dovuta all’aumento della popolazione di oltre 2 miliardi, secondo le recenti stime delle Nazioni Unite.
In buona sostanza l’agrobiodiversità è la componente della biodiversità che genera reddito.